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martedì 13 luglio 2021

ABS - di Bartolomeo Smaldone


  

Bartolomeo Smaldone, poeta e scrittore di origini irsinesi, dal forte impegno umanitario e sociale, nel 2017con Eretica Editore ha pubblicato un intrigante libriccino intitolato ABS, evidente acrostico di “Apparente Buona Salute” che compare infatti come sottotitolo, ma io sospetto, conoscendo un po’ l’Autore, che BS siano le sue iniziali e che la A sia abbreviazione di un suo misterioso secondo nome, o stia magari per Arcano, o forse, meglio, per Affabulazione, e, anzi, propendo davvero per quest’ultima ipotesi, visto che di affabulazione sono piene le pagine di quel piccolo grande libro che è ABS e che quindi, affabulatore, sia perfetta apposizione al nome dell’autore in questione.

ABS

"Questa vicenda è fatta di sogno e si svolge nel sogno quindi di notte, quando l'umanità si ferma.”

Cosi comincia il XIII racconto dei 17 che ABS secerne. Sì, secerne, perché riduttivo sarebbe l'usare il verbo contenere, né è adeguato il verbo raccogliere, perché le immagini e gli spiriti dell'umano emergono dalle pagine proprio come se vi fossero qui prodotte, in continua distillazione di pensiero.

Il sogno, Smaldone lo evoca già in esergo citando Juan Rulfo Pedro Paramo, e lo dipana in ogni pagina scritta con gli occhi delle persone che le abitano, quelle pagine: non personaggi, ma persone. Vive, vere, sfumate fra le caligini tipiche del sogno, ma autentiche, immerse nella dinamica sociale di cui si perde il bandolo.

Colpisce subito la lingua di Smaldone, un italiano perfetto e concreto, chirurgico e semplice, che dice ma anche evoca e rimanda, e ogni frase è un aforisma, ogni riga una storia costruita col vocabolario ampio e noto, selezionato ma non rarefatto, di chi sa scrivere davvero, di chi sa leggere per davvero le pagine di carta e le pagine del sogno dai cui meandri sembrano spuntare i protagonisti di piccole vicende che di magico hanno il potere di condurre il lettore dalla dimensione della fantasia al concreto dell’esistere, ai rovelli e alle frizioni tra classi sociali e dove la banalità dell’oggi, come il PIN e il PUK , dalla telefonia assurgono alla decodificazione del mistero supremo della sedazione intellettiva delle masse che fa comodo al potere.

La poesia che abita stabilmente nei versi di Bartolomeo Smaldone poeta, ribolle anche fra queste pagine che, ufficialmente, nascono per narrare. Simbolismi e dimensioni surreali riconducono il lettore ia problemi concreti dell’esistere e della convivenza, alla ingiustizia sociale, alla vita vissuta come continua lotta per la libertà e contro la prepotenza di pochi. Qui, chi usurpa e si impossessa di ogni cosa viene ancora chiamato “padrone”, l’appellativo che spetta a chi sfrutta il lavoro delle moltitudini di persone senza nome, contraddistinte solo da un numero. Qui si canta la morte della politica, la assuefazione di massa al potere condiviso e mediato dal clero per il quale, la subordinazione ai potenti è virtù e il pensiero, il peccato massimo.  Qui si rammenta il degrado dell’umanità che sconta il terrazzamento sociale delle vecchie caste che oggi sembrano avere nomenclature nuove: non più padroni, ma miliardari VIP, non più plebaglia-carne-da-fatica-e-da-cannone, ma “consumatori”.

Questo libriccino apre la mente e per gustarlo al meglio suggerisco, come l’autore stesso in fondo si aspetta che tutti noi si faccia, di cominciarne la lettura al contrario, dalla nota di pagina 75 e indietro, un racconto alla volta.

Fatelo presto, io ci ho messo tre anni per scoprirlo, e un giorno per leggerlo, con tante pause, e vi invito a non ripetere il mio errore: non aspettate tre anni, ora sapete che esiste e procuratevelo subito.

P.S.

Cosa volete da me? Chiede Smaldone quasi in coda ai suoi racconti. Cosa vi aspettate da me? Ah, sì lo so, voi volete che io scriva.

Ebbene sì: caro Bartolo, poeta e scrittore del realistico sogno che è la vita, è proprio così: noi tutti vogliamo che tu scriva ancora.

Grazie, Bartolo.

 

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